Lucio Toth: nobile figura di politico e uomo di cultura

Il Giorno del ricordo è un’occasione per fare memoria di questo grande intellettuale zaratino, patriota dalmata e pilastro dell’associazionismo degli esuli

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Lucio Toth: nobile figura di politico e uomo di cultura

Giuseppe de Vergottini, intervenendo nelle pagine della cultura del “Piccolo” di Trieste del 7 febbraio a proposito della celebrazione del Giorno del ricordo, ha fatto riferimento ai lavori della commissione mista storico-culturale italo-slovena, istituita dai governi di Roma e Lubiana nel 1993 per elaborare una ricostruzione condivisa delle relazioni tra italiani e sloveni nell’area giuliana tra 1880 e 1956 (di cui in questa sede abbiamo già parlato), che, dopo sette anni d’impegnativo lavoro, fu elaborata, sottoscritta da tutti i quattordici suoi componenti – sette per parte – e consegnata ai rispettivi ministeri degli Esteri nell’estate del 2000, preparando il terreno per migliori rapporti tra i due stati, culminati nel concerto dei tre presidenti (anche quello croato) a Trieste nel 2010 e nella visita congiunta di quelli italiano e sloveno alla foiba di Basovizza il 13 luglio scorso.
Di quella commissione, come ha ricordato de Vergottini nel necrologio pubblicato in “Coordinamento Adriatico” (2017), faceva parte anche Lucio Toth – originario di Zara, dov’era nato nel 1936 e che con la famiglia aveva dovuto abbandonare dopo la guerra –, il quale vi diede un apporto prezioso, mostrando sempre notevoli doti d’equilibrio e imparzialità, che nella seduta finale d’essa gli furono esplicitamente riconosciute da Milica Kacin-Wohinz, presidente della controparte slovena. Magistrato di professione, eletto in Senato per la DC nel 1987, dal 1992 al 2012 è stato presidente dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD), che sotto la sua guida è divenuta una delle maggiori e più rappresentative istituzioni del mondo della diaspora, avviando il dialogo con i “rimasti” nella Jugoslavia di Tito, a lungo considerati dagli esuli traditori della causa nazionale e rinnegati, come esplicitamente ammesso da Renzo Codarin, attuale presidente dell’ANVGD, nell’intervista fattagli da P. L. Sabatti nel “Piccolo” dell’8 febbraio scorso. Egli, inoltre, da convinto europeista quale era, nel suo operare politico e culturale collocò e interpretò sempre le vicende dalmate e adriatiche nel contesto centroeuropeo e, più in generale, europeo, evitando qualsiasi genere di lettura provinciale della storia che lo interessava.
Pur così impegnato, l’intellettuale zaratino ha sempre saputo trovare il tempo per dedicarsi anche all’attività culturale, svolgendo non soltanto numerose conferenze e presentazioni di libri in qualche modo legati alle vicende adriatiche del Novecento, ma su esse altresì pubblicando propri lavori, spazianti dalla letteratura alla ricerca storica.

Tra romanzi, ricerca, impegno

Egli, infatti, firmò tre romanzi storici, La casa di calle San Zorzi (Sovera, 2008), sulle vicende dalmate del XX secolo, Spiridione Lascarich, Alfiere della Serenissima (La Musa Talia, 2011), narrazione delle guerre combattute nel ’600 da dalmati e Venezia contro l’impero ottomano avanzante nei Balcani, e, postumo, Il disertore dalmata (La Musa Talia, 2018), di tema risorgimentale, in quanto narra le vicende d’uno zaratino nato suddito austriaco, che, dopo aver combattuto a Solferino nell’esercito asburgico, diserta passando nel regno sabaudo, che servirà prima in armi e poi come politico e diplomatico, sostenendo le prime associazioni irredentiste.
Sul versante storico, numerosi sono i contributi, attestanti l’ampiezza e varietà dei suoi interessi; se già nel 1970 aveva dedicato a Gli ordinamenti territoriali e l’organizzazione periferica dello Stato pontificio, un saggio, comparso in Scritti sull’amministrazione del territorio romano prima dell’Unità (Giuffré), nel 1985, nel pieno del suo impegno militante nel mondo cattolico, aveva dato alle stampe l’opuscolo Chiesa e movimento cattolico nell’Italia contemporanea (Piemme), mentre agli esordi del nuovo secolo pubblicò in “Clio”, la prestigiosa rivista storica allora diretta da Carlo Ghisalberti, sempre sensibile a quanto riguardava la storia del confine orientale, Per una storia della Dalmazia tra medioevo ed età contemporanea (2002), Niccolò Tommaseo: un europeo di frontiera nella stagione delle indipendenze nazionali (2003) – concepito in occasione del bicentenario della nascita dell’intellettuale di Sebenico (1802), cui il comitato udinese dell’ANVGD, presieduto dal compianto Silvio Cattalini, dedicò il convegno Niccolò Tommaseo a 200 anni dalla nascita, nel 2003 pubblicandone gli atti –, e Sulle foibe in Venezia Giulia e in Dalmazia (2006). A riprova, inoltre, dell’ampiezza dei suoi interessi si deve ricordare che nel 2005 scrisse la postfazione della traduzione inglese dello studio di Giuseppe Maria Pilo The fruitful impact. The Venetian heritage in the art of Dalmatia: “for three hundred and seventy-seven years” (Edizioni della Laguna), che, sia pure in una prospettiva artistica, discuteva il tema a lui caro dell’influenza veneziana sulla regione natia.​ Nel 2016, invece, quasi una sorta di testamento spirituale, pubblicò nella qualificata collana “Storia delle città” della pordenonese Biblioteca dell’Immagine Storia di Zara. Dalle origini ai giorni nostri, condotta con molto equilibrio e ricchezza di dati, mentre nel 2003, convinto assertore della necessità di far conoscere ai giovani la storia e le drammatiche vicende contemporanee dell’Adriatico orientale, aveva scritto l’introduzione del volume di Anna Maria Fiorentin Terra addio. L’esodo dalla Venezia Giulia, Fiume e Dalmazia raccontato ai giovani (ETS), nel 2005 introducendo il convegno perugino su Olocausto e foibe, dedicato ai genocidi ed esodi del ’900, i cui atti, con la sua presentazione, furono editi nel 2007.

Due opere sintesi di un ventennio di studi

​Convinto della necessità di far conoscere a un più largo pubblico, e in particolare ai giovani, che poco o niente ne sapevano e ai quali i programmi scolastici di storia sino all’istituzione del Giorno del ricordo, di cui Toth è stato uno dei principali promotori, ben scarsi elementi di conoscenza fornivano, egli pubblicò per i tipi dell’ANVGD due opuscoli divulgativi, allegati a “Difesa Adriatica”, periodico mensile dell’ANVGD, sintesi e bilancio d’un ventennio di studi e di letture appassionate e dei lavori, in precedenza menzionati, che ne erano derivati: Perché le foibe: gli eccidi in Venezia Giulia e in Dalmazia (1943-1950) del 2006, e A novant’anni dal compimento dell’unità d’Italia la partecipazione degli istriani, fiumani e dalmati al processo risorgimentale (2008), dov’è significativo che il compimento dell’unità nazionale sia ritenuto il 1918, conclusione del primo conflitto mondiale, che portò all’annessione al regno d’Italia delle province “irredente”, e non, come da tradizione storiografica, il 1870, anno della breccia di Porta Pia e dell’annessione di Roma con il conseguente trasferimento ivi della capitale, dal 1864 a Firenze.
Analizzandoli in ordine cronologico, il primo è A novant’anni dal compimento dell’unità d’Italia, che, corredato d’una bibliografica orientativa disposta in ordine cronologico – che, partendo dal volume di A. Tamaro La condizione degli italiani soggetti all’Austria nella Venezia Giulia e in Dalmazia, del 1915, senza trascurare nessuno dei testi più importanti in materia, si conclude con quello di Marina Cattaruzza, L’Italia e il confine orientale, del 2007 –, dopo una nota introduttiva, in cui v’è un esplicito richiamo all’istituzione del Giorno del ricordo, è strutturato in tre capitoli, il primo dei quali, “Gli eventi storici (1815-1918)”, dopo una premessa su “La genesi dell’idea Stato-Nazione. L’Adriatico orientale in età napoleonica”, prende in esame “Le società segrete all’epoca della Restaurazione”, “La Rivoluzione del 1848-1849 e le sue ripercussioni nell’Adriatico orientale”, “Verso l’unità d’Italia (1859-1861)”, “Dopo la proclamazione del Regno d’Italia (1861) e la III Guerra d’Indipendenza (1866)”, “La difesa dell’identità italiana all’epoca della Triplice Alleanza (1882-1915)”, “La prima guerra mondiale (1915-1918) e i Trattati di Rapallo (1920) e di Roma (1924)”. Il secondo, poi, “I protagonisti. Personalità della cultura e della politica”, propone i profili biografici di Pier Alessandro Paravia (1797-1857), Niccolò Tommaseo (1802-1874), Carlo De Franceschi (1809-1893), Carlo Combi (1827-1884), Antonio Baiamonti (1822-1891), Michele Maylander (1863-1911), Vittorio Zupelli (1859-1945), Roberto Ghiglianovich (1863-1930), Antonio Grossich (1849-1926), Francesco Salata (1876-1944), Giani Stuparich (1891-1961), Giuseppe Pagano Pogatschnig (1896-1945). Nel terzo, infine, “La stampa italiana in relazione all’Istria, Fiume e Dalmazia dal Risorgimento al 1918”, sono passati in rassegna i principali periodici e quotidiani che animarono il dibattito politico (19 in tutto, dall’“Archeografo Triestino” a “Il Dalmata”).
In Perché le foibe, anch’esso corredato di un’ampia bibliografia, qui disposta in ordine alfabetico d’autore, alla “Premessa”, seguono “L’area geografica interessata”, “L’estensione del termine ‘foibe’”, “Perché non furono promossi procedimenti giudiziari”, “Le tre fasi degli eccidi”, “Le interpretazioni del fenomeno”, “Le ragioni del silenzio”, “Conclusione”.
La semplice lettura degli indici di questi due opuscoli ne rivela l’indubbia utilità dal punto di vista divulgativo e informativo, ma pure la serietà e il rigore dell’impostazione, d’ampio respiro, risultato di un’appassionata dedizione alla causa cui Lucio Toth s’è dedicato nella sua operosa esistenza e della piena padronanza della vasta letteratura storiografica in merito, che s’integra pienamente con quella che è stata la sua esperienza personale.

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