Gianni Polgar racconta la Shoah: «Il concetto di diverso non esiste»

Giornata della Memoria. Il Liceo «Terenzio Mamiani» di Roma ha organizzato una conferenza online

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Gianni Polgar racconta la Shoah: «Il concetto di diverso non esiste»

Sono stati toccati tanti temi importanti seppur dolorosi nel corso della conferenza online intitolata “Ricordare la Shoah”, organizzata dal Liceo Statale “Terenzio Mamiani” di Roma in collaborazione con la Società di Studi Fiumani e l’Archivio del Museo storico di Fiume per ricordare le vittime dell’Olocausto. L’iniziativa è stata organizzata con il patrocinio della Regione Lazio. Il referente del Progetto Memoria, il docente Francesco Orvieto, ha aperto l’edizione di quest’anno spiegando che purtroppo, a causa di una situazione fuori dal normale, l’incontro non si è potuto fare in presenza, come era avvenuto in passato. Orvieto ha dichiarato che, nella sua carriera da insegnante, si è fatto guidare da due concetti importanti: consapevolezza e minoranze.

 

La Giornata della Memoria (o Giorno della Memoria), una ricorrenza internazionale che si celebra il 27 gennaio di ogni anno per commemorare le vittime dell’Olocausto, ha rappresentato l’occasione giusta per ribadirne l’importanza e trasmetterla anche ai ragazzi.

Fiumanità e identità ebraica
L’intervento più importante della conferenza è stato quello di Gianni Polgar, ebreo italiano nato a Fiume nel 1936 e residente a Roma dal 1939. Polgar si è rivolto direttamente agli studenti in quella che è stata definita una conversazione e non una lezione.

“Sono fiumano e sono ebreo, in me convivono queste due identità – ha esordito con fierezza -. La mia esperienza e quella della mia famiglia sono molto simili a quella di migliaia di persone che purtroppo non sono sopravvissute per raccontarla. Mio nonno era di origine ungherese, vicino al lago Balaton, e da ragazzo si recò a Trieste per lavorare, trasferendosi successivamente a Fiume, dove era stata aperta una succursale della sua ditta.

Quando arrivò D’Annunzio i miei genitori aderirono al movimento e scelsero di diventare italiani. A causa delle leggi razziali, mio padre non potè più esercitare la professione di avvocato e si trasferì a Roma per fare il segretario dell’Unione delle comunità israelitiche italiane.

Nel 1939 lo raggiunse la famiglia.
Di Fiume ho pochissimi ricordi – ha ammesso con una nota di dolore Polgar -. Avevo soli tre anni quando ce ne siamo andati ma mi ricordo il Molo Longo, il ponte sull’Eneo, le visite alla nonna, il gelato e uno squalo che mio padre mi portò a vedere. Anche se i miei ricordi sono esigui e sfuocati, Fiume è importante come memoria storica della mia famiglia”.

Polgar ha raccontato anche l’esperienza dei primi anni trascorsi a Roma, la persecuzione degli ebrei dopo l’8 settembre, l’episodio dell’Oro di Roma e il periodo trascorso a nascondersi in collegio sotto falso nome.

I fratelli Lea, Tommy e Gianni Polgar a Roma nel 1943 in una foto d’archivio

La colpa di essere sopravvissuti
“Quando parlo dei soprusi e delle persecuzioni uso il termine tedeschi e non nazisti. Sono contrario al concetto di responsabilità collettiva del popolo, ma ritengo che quello che è successo in Germania sia un qualche cosa che si può definire una sommatoria di responsabilità individuali in quanto sono stati troppo numerosi gli individui che vi hanno partecipato – ha illustrato -. Quando mia madre veniva a trovarmi in collegio dovevo fare finta di non conoscerla e chiamarla zia. Queste ferite le porto ancora dentro all’età di 85 anni e continuano a fare male.

Con l’arrivo degli Alleati a Roma, uscimmo, e papà ci disse che potevamo ritornare a essere quelli di prima. A Fiume erano rimasti la nonna e i fratelli di papà. Nel febbraio del 1944 tutti vennero caricati sul camion a parte lo zio scapolo, deportati e uccisi, proprio come i parenti in Ungheria. Si salvò soltanto una zia, che poi venne a Roma e si rifece una vita, per poi troncarla come fece Primo Levi.
Secondo me è perché non hanno avuto la forza di sopportare il peso della colpa di essere vivi. Solo colui che ha visto ciò che hanno vissuto loro può comprendere”.

In chiusura del suo intervento, Polgar si è rivolto agli studenti con un messaggio molto semplice e diretto. “Il concetto di diverso non esiste – ha affermato con convinzione -. I ragazzi di origine asiatica o africana sono uguali a noi, il concetto razziale va rifiutato completamente. Le nuove generazioni devono continuare a studiare e a leggere, perché quello che è successo non è detto che non possa succedere di nuovo”.

“Non sono ottimista – ha concluso con asprezza -. Nell’animo umano c’è un fondo di bestialità che solo la cultura può tenere a freno”.

Memorie divise
Ai ragazzi si sono rivolti pure il presidente della Società di Studi fiumani, Giovanni Stelli, seppur brevemente a causa di problemi tecnici e il direttore Marino Micich, il quale ha parlato della doppia persecuzione subita dagli ebrei di Fiume, di cui 400 vennero uccisi nei campi di sterminio.
Lo storico Umberto Gentiloni ha ribadito l’importanza per capire la storia d’Europa delle memorie divise, che devono venire rispettate e valorizzate in una storia comune.

“Il confine può essere considerato un punto di osservazione per capire la questione dell’integrazione come contatto dei diversi percorsi – ha puntualizzato Gentiloni -, ma può anche diventare terreno di scontro e conflittualità.

L’unica risposta possibile alla logica del più forte è uno spazio di integrazione, convivenza e vicinanza, un’Europa comune in cui le memorie divise si possano integrare. La terza parola chiave è consapevolezza ed è quello che vogliamo trasmettere ai ragazzi anche grazie alla Giornata della Memoria. La consapevolezza deve essere fondata sulla conoscenza in quanto lotta all’ignoranza (precondizione per la violenza e il non rispetto)”.

Emiliano Loria, docente dell’Università “La Sapienza” di Roma, ha parlato brevemente dell’ebraismo fiumano e delle ricerche svolte nel corso della sua carriera. Loria si è soffermato sulla comunità ebraica fiumana e sulle vicende delle famiglie più influenti, nonché sulla difficoltà di raccogliere materiale e testimonianze, sia in forma di scritti, che video.

Loria ha concluso spiegando che stiamo per varcare l’era del post testimone, in quanto abbiamo una grande disponibilità di fonti, ma è sempre più allarmante il senso di negazione di fronte a tutto questo. La conferenza si è conclusa con un interessante dibattito nato dalle numerosissime domande dei ragazzi.

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